“L’uomo che piantava gli alberi” è il titolo di un breve romanzo dell’autore francese Jean Giono, che è stato scelto dalle insegnanti dell’Istituto Comprensivo I di Anagni come leit motiv di un articolato lavoro durato diversi mesi con gli alunni delle classi quarte della scuola primaria e delle classi prime della scuola secondaria.
Abbiamo partecipato volentieri a questa iniziativa avendo modo di apprezzare la professionalità delle insegnanti e la loro sensibilità in materia ambientale.
Gli alunni delle quarte classi della scuola primaria hanno presentato poesie, racconti, fotografie, disegni e realizzazioni in materiale riciclato, tutti aventi per soggetto “l’albero”. I loro lavori sono stati giudicati dai ragazzi di due sezioni di prima media e noi abbiamo avuto la possibilità ed il piacere di premiare i primi classificati in ogni categoria.
Insomma, piccoli ambientalisti crescono!
Le attività previste dal progetto hanno riguardato “ LO STUDIO DEGLI ALBERI E DELLA LORO IMPORTANZA PER L’ECOSISTEMA E IL GRAVISSIMO PROBLEMA DELLA DEFORESTAZIONE E DELLA DESERTIFICAZIONE”, sono stati proposti “TESTI ESPOSITIVI SULL’ARGOMENTO, MA ANCHE RACCONTI, POESIE, DIPINTI, FOTOGRAFIE, MUSICHE CON IL COMUNE DENOMINATORE DELL’ALBERO”.
Da questo link è possibile accedere al film di animazione ispirato al libro: vale la pena guardarlo!
Il testo: Jean Giono parte da ricordi personali, di quando da piccolo andava a passeggio nei boschi con il padre, con le tasche piene di ghiande e un bastone per poterle piantare.
La storia: il narratore parte per un trekking solitario in una landa desolata, ha sete, non trova fontane, alla fine incontra il pastore Elzéard Bouffier, che lo disseta e lo ospita senza chiedergli nulla. Si rende conto che il pastore pianta ghiande in un territorio che non è suo e di cui non conosce i proprietari: il suo interesse è nella terra “….aveva pensato che quel paese sarebbe morto per mancanza di alberi”
Poi pianta anche faggi e betulle, prova anche con 10.000 aceri, ma muoiono tutti. I faggi crescono anche meglio delle querce in quel territorio. Le due guerre mondiali gli passano accanto, ma la distruzione non gli interessa: lui continua a piantare, a costruire il futuro.
Quando il narratore torna alla fine della 1a guerra mondiale scopre che Bouffier non fa più il pastore: le pecore, brucando, mettevano in pericolo le sue piante! Ora fa l’apicoltore. “…… se si teneva a mente che era tutto scaturito dalle mani e dall’anima di quell’uomo, senza mezzi tecnici, si comprendeva come gli uomini potrebbero essere altrettanto efficaci di Dio in altri campi oltre alla distruzione”.
Il processo della vita era ripartito: gli alberi avevano riportato l’acqua, i ruscelli
“…. con l’acqua erano riapparsi anche i salici, i giunchi, i prati, i fiori e una certa ragione di vivere”
Nel 1945 , il narratore torna alla fine della 2a guerra mondiale e non riconosce i luoghi. Grazie all’opera di Bouffier, la vita ha preso il sopravvento sul deserto e la desolazione, sulla disperazione degli abitanti di una volta, che non avevano altro da fare che attendere la morte (“situazione che non dispone alla virtù”). “…..s’incontrano per le strade uomini e donne ben nutriti, ragazzi e ragazze che sanno ridere e hanno ripreso il gusto per le feste campestri…… più di 10.000 persone devono la loro felicità a Elzéard Bouffier !
M.G. Spadorcia
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